Il 18 Luglio è data nefasta. Sono oggi Ventisette anni da quel giorno terribile, e oggi come allora mi chiedo quale senso abbia avuto ciò che accadde. Eppur la verità a cui sono giunto, è che voler trovare un senso all’esistenza significa affrontare la questione da una prospettiva profondamente sbagliata. La Vità è già di per sè un Senso. La vita non ha, ma è. Ausiliari simili eppur differenti. La fragilità dei nostri corpi, che il tempo dapprima cresce e rinforza, e poi deteriora e distrugge. La discrepanza tra corpo e mente, che quando quest’ultima raggiunge una coscienza rassicurante, il primo è ormai non più prestante per esprimere tutte le potenzialità che avrebbe invece potuto esplodere in passato. Una specie di condanna quella della mente, ostaggio di un corpo che non necessariamente la rappresenta, intrappolata in limiti fisici, estetici a volte, che non la fanno emergere appieno. A cui aggiungere le leggi chimiche e fisiche di questo pianeta, che come Ventisette anni fa, per futili motivi possono annientare una giovane vita. Mi perdo in queste pieghe, pensieri ondivaghi che hanno un capo ma non una coda, mi perdo mentre i miei giorni scorrono, ora particolarmente ricchi di stimoli, novità, incognite belle e meno belle, questioni esistenziali forti, necessità via via sempre più vitali, futuro non più così anteriore da onorare con scelte forti e coraggiose, scelte che cambieranno tutto e in fondo.. niente. Che in fondo basta vivere togliendosi un po’ di lucchetti, vivere come meglio viene, condividendo, con le braccia spalancate e un sorriso fiero rivolto al cielo. Anche quando piove. Consapevoli che se piove prima o poi tornerà il sole. E se c’è il sole, prima o poi tornerà la pioggia. Usando il senno.. ma coscienti che tanto la vita è già un senso. È già tutto qui.
A Carol.