INELUTTABILE CAOS

Era da poco passata la mezzanotte. Giusto il tempo di stappare un Ferrari per brindare all’arrivo del nuovo anno (o come la vedo io – nostalgico – ringraziare il vecchio che se ne va), stringersi in un abbraccio per augurarsi l’un l’altro felicità, ammirando dal giardino della casa posta in cima a una delle morbide colline, il tappeto di giochi pirotecnici che dalla valle si stendevano verso il mare, verso Fano. Il duemiladiciannove ci salutò così, lasciandoci in dote quel casolare, che dal maggio di quello stesso anno è la nostra nuova casa, e presto sarà un B&B. La nostra scelta di vita.
Un posto incantevole, lontano dal mondo caotico, eppur a due passi dal mare, sulla strada che porta a Urbino. Là fuori, nel fresco inverno marchigiano, idealmente affacciati sul mondo, in compagnia di amici, in piedi con un calice in mano a guardare le luci là sotto: mai come in quel momento, il futuro appariva così roseo e carico di prospettive stimolanti.
Il problema è che la vita è un piano inclinato verso il brutto; il bello è sempre in salita. E il 2020 si è dimostrato un Alpe d’Huez.
Mentre lì, in piedi, contemplavamo il reame, l’amico Ale tirò fuori una profezia sinistra, che mi fece correre un brivido lungo la schiena in quanto improvvisa e in contrasto col momento di serenità presente sino un secondo prima. Si servì di un clichè, che espresse con tono ineluttabile: “Anno bisesto, anno funesto. Temo questo anno, sarà duro” – e aggiunse narrazioni circa le personali sventure, coincise sorprendentemente con essi. I più significativi lutti familiari, avvennero con cadenza quadriennale, in concomitanza con gli anni bisestili. Parlerei di destino, se solo ci credessi, ma come noto al massimo credo a qualche coincidenza casuale in mezzo al caos che governa l’universo. Ricordo che scacciai l’oscura profezia ricorrendo all’inflazionata Legge dei grandi numeri con la quale prevedevo un anno in cui sarebbe finalmente andato tutto bene. E infatti a ben vedere divenne l’hashtag di tendenza dell’anno: #andràtuttobene. Diciamo non esattamente ricalcando la Legge dei grandi numeri come la intendevo io, ahimè.
E il caos – o destino, fate voi – ha voluto che ancora una volta una perdita portante sia occorsa alla famiglia dell’amico Ale, in conseguenza al controverso virus coronato. In maniera scioccante e sconcertante, ci ha lasciato un grande amico di tutti noi, un protagonista (tra le mille altre cose) del nostro progetto di vita in collina, capace di dedicarsi con piacere e passione a darci una mano e insegnarci i trucchi del mestiere. Non esiste angolo dell’intera proprietà, su cui Enrico non abbia messo mano, non abbia rattoppato, aggiustato, saldato, verniciato, piantato, potato e creato qualcosa di utile e vitale.

È struggente, lo so. Ma è il mio unico modo per ricordarlo, per urlare su una tastiera la cruda realtà, che di solito scaccio e voglio dimenticare il prima possibile. Ma non questa volta: questa volta voglio guardare in faccia il dolore, che presto – fin da subito – deve trasformarsi nel piacere del ricordare Enrico e averlo sempre con noi. Perchè la vita va solo avanti e sarebbe un torto non omaggiarlo con quello che lui stesso amava fare: ridere, scherzare, bere e mangiare in compagnia, aggiustare, potare, rattoppare, verniciare, saldare, creare e… tirare dritto sulla 8 a biliardo se stuzzicato nell’orgoglio quando gli dicevi che non aveva le palle di azzardare quella giocata folle. Ti ricordi Romeo? C’eri anche tu!
Perciò caro Enri, ti dico questo: non hai le palle di ripresentarti al biliardo e tirare dritto sulla 8. Fidati, non hai proprio le palle.

Ciao Enri. Ci vediamo lì.

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