Uno scialbo 0-0. E fu così che la nostra chances, l’ennesima, di dare una svolta alla stagione, svanì. Al triplice fischio rimasi seduto per qualche attimo in panchina provando una qual certa tristezza guardandomi intorno e realizzando l’intero contesto; la prestazione incolore, la pandemia, lo stadio vuoto, il cielo grigio, la classifica a dir poco deludente.
Anche andandoli a cercare nei meandri dell’incauto ottimismo, di spunti positivi pareva non esservi traccia.
Ma poi a dare della tinta cromatica a tutto quel grigiore, ci ha pensato un individuo bizzarro.
Nel rientrare verso gli spogliatoi, durante i consueti saluti a terna arbitrale e avversari, tra l’apatia generale di due compagini che alla vigilia reputavano il pareggio un risultato inutile per tutti, le urla di un esagitato in tribuna, hanno attirato l’attenzione dei presenti. Quel tizio – uno dei rarissimi accreditati – inveiva contro il (più che degno) direttore di gara, accusandolo di aver ingiustamente espulso un giocatore di casa. L’espulsione era sacrosanta. Ma la ragione, evidentemente, lo aveva abbandonato a sè stesso. Da tempo.
Il suo turpiloquio era uno di quelli che a un certo punto incontrava lo sproloquio e con esso proseguiva a braccetto fino a giungere alle soglie della sindrome di Tourette.
Lo osservavo mentre inveiva come un pazzo, in ossimoroso contrasto col contesto di sostanziale mestizia dell’ambiente intorno, posseduto da una rabbia degna di un rissoso ubriaco all’uscita dalla discoteca. Urlava parolacce in ordine sparso, insulti sconnessi, mezze minacce scoordinate seguite da altri insulti dei quali ricordo lucidamente in sequenza:
“Pezzo di merda, coglione, schifo, che cazzo mi guardi, fai schifo, vaffanculo” – e all’improvviso, come fosse eventualmente un’aggravante o indice di slealtà – “Sei Un Frocio!! Frocio!!”
Quest’ultima volgarità – così platealmente insensata – è riuscita persino a strapparmi un sorriso; che chi mi conosce lo sa bene che le cose insensate, a me, tendono a divertire.
Ho poi chiesto a un mio collega avversario che cosa stesse blaterando quell’uomo, e lui mi ha risposto con un certo imbarazzo che quell’uomo era un tipo strano .. e poi ha aggiunto acutamente “.. che poi dire che uno è omosessuale mica è un insulto, per quanto mi riguarda”.
E così, tra la perplessità generale, siamo rientrati nel tunnel che porta agli spogliatoi lasciandoci alle spalle le urla scriteriate di un personaggio controverso, vulcanico, folcloristico… che sono tutti termini giornalistici per evitare di dire che si tratta di una persona arrogante squilibrata e di dubbia morale.
Risultato inutile, prestazione inutile, persone inutili che urlano cose inutili. Quella volta lì a Piacenza andò cosi.
Il finale di stagione, distante undici partite, era ormai chiaro a tutti: sofferenza, stenti, equilibri sottili, spareggi in vista con spettro della retrocessione diretta.
Poi però..
La vita è strana. E lo sport ne è fedele sottoinsieme.
E così, magicamente, successe che nelle successive otto partite, ne vincemmo cinque, pareggiammo due e perdemmo una, dando una svolta – stavolta si – al nostro campionato, arrivando anche a pensare di poterci mettere in salvo senza spareggi.
E sapete come andò a finire quella stagione? Io no, perché restano ancora da giocare le ultime tre partite.
E la cosa straordinaria è che esiste l’eventualità che quella volta lì a Piacenza il pareggio scialbo possa addirittura rivelarsi decisivo, rileggendolo a distanza di tempo come una tappa importante, nella quale di inutili rimarrebbero soltanto le urla di quell’uomo vulcanico (arrogante), folcloristico (squilibrato) in tribuna.
Sarò pure a fine carriera, ma a me questo gioco qua – dopo circa cinque centinaia di presenze – sa ancora farmi battere forte il cuore. Viva il calcio, viva lo sport!
… Sperando nel lietofine, questa volta.