Non stavo capendo. Poi ho capito, ma l’ho lasciato concludere, perché mi faceva ridere.
Diciamo che quando le cose non vanno per il verso giusto, non c’è un bel niente da ridere e infatti non ho riso, ma dentro la mia parte evasiva lo ha fatto.
Ed io – si sappia – ho una grande opinione della mia parte evasiva.
Racconterò i fatti antecedenti che hanno portato alla situazione sopra citata, e non lo farò con una mera cronaca, ma servendomi di percorsi contorti, andrò fuori tema, adotterò soluzioni letterarie disparate, se possibile accattivanti, se non possibile accomodanti, certamente tutto fuorché didascaliche.
“La bala l’è rotunda“ – non perde occasione di dirmi la mia nonna quando le dico che abbiamo perso. Puntuale, da sempre, è una consuetudine che mi accompagna sin dalle prime sconfitte in gioventù, è una sorta di pacca sulla spalla, che vuol dire che la palla è rotonda, e che poi continua con “na volta la và da chì, na volta la và da là” – una volta va di qui e una volta va di là. Non l’ho mai apprezzata fino in fondo onestamente, proprio da un punto di vista fisico intendo, una sfera può andare in un sacco di posti, mi sembra un po’ riduttivo sostenere che vada o lì o là, a caso. Va detto che di questi tempi va un tantino troppo di qua, nella nostra porta, anzichè di là, nella loro. E questo è un problema. Un cazzo di problema.
C’è tutto un lavoro in settimana e c’è un esame da superare ogni domenica, e continuare a studiare, applicarsi e non arrivare almeno al 18 è frustrante, questo non lo considerate voialtri che state là fuori, nel mondo normale, che giudicate i calciatori come privilegiati viziatelli, che rincorrono una palla e prendono un sacco di euri, e se perdono tanto è uguale, tanto poi la sera vanno in discoteca.
Stereotipi. Italiani- mafia pizza spaghetti mandolino? C’è qualcosina di più.
La settimana si vive male dopo una sconfitta, ci son tutte delle dinamiche che ti scuotono, svuotano, una rincorsa a trovare la formula giusta capace di invertire la rotta o se preferite, in quanto rotta, aggiustarla… insomma l’obiettivo è vincere e questa domenica è arrivata la terza sconfitta di fila e capite bene che l’umore quello buono, è altrove.
Ed è per questo che in sala stampa poi ci sono andato io, che sono il capitano, perché un 1a5 casalingo va attutito, spiegato, scomposto in numeri primi, per quanto uno e cinque già lo siano, e i primi che è corretto si mostrino, sono allenatore e capitano.
Entro, la mia espressione è cupa, la sconfitta bruciante è appena avvenuta, la voglia di parlare – in tutta franchezza – molto ridotta.
Mi siedo, saluto, microfoni, telecamere, tre due uno… vai.
Inizia con la domanda un tizio, parla di prova convincente, di un inizio incerto ma poi col passare della gara una reazione e nella ripresa una gara senza storia in cui abbiamo legittimato la vittoria.
Legittimato. La vittoria. Abbiamo.
…
Non stavo capendo. Poi ho capito, ma l’ho lasciato concludere.
L’ho guardato in faccia bene, senza rispondere. Lui mi ha guardato, si è trattato di un’imbarazzante frazione di secondo ma che nel mio ricordo erano almeno venti, nel qual arco di tempo gli spuntavano crescenti orecchie da asino. Mi par di ricordare anche il naso rosso. Si si, c’era anche un naso rosso, come no.
Ho sbottato.
Non ricordo le esatte parole, ma per fini narrativi facciamo che siano state queste: “Mi perdoni buon uomo, passi per il naso rosso e le orecchie da asino, ma almeno abbia la decenza di riconoscere che davanti a lei c’è uno dei disperati che hanno appena raccolto una sacca di palloni dalla propria porta. Un uomo distrutto. Che ora è anche indignato. Si ricomponga, si dia un contegno!!! ”
Perché quello che ho omesso di dire all’inizio, è che mentre la mia parte evasiva – della quale ho una grande opinione – rideva, l’altra parte ha cazzo di sbottato.