Il mattino alle 7e30 sono già lì sveglio. Inusuale.
La giornata nella città veneta è un antipasto di primavera. La Sala colazione riservata alla squadra è deserta a quell’ora, sono primissimo. Appoggio il libro che mi sono portato e mi appresto ad avvicinarmi al buffet, ancora rintronato e con gli occhi che devono abilitarsi a tanta luminosità. L’ovale salone è molto ampio, e il buffet è di quelli in cui è sconsigliabile imbattersi se -come me- non hai ancora deciso cosa vuoi mangiare.
Diviso lungo tutto il perimetro della sala in quattro postazioni, un po’ di roba qua un po’ di la, le marmellate fatte in casa laggiù, quelle confezionate qua, la macchinetta del caffè lì, il thermos col latte caldo là, le posate già in tavola tranne il cucchiaio, che se vuoi il cucchiaio è vicino ai cereali, e i cereali eccoli là in fondo.
Abbondanza in ordine sparso.
In stato confusionale post risveglio il rischio di vagare da una parte all’altra per diverse dozzine di secondi è garantito, e infatti così faccio, riuscendo soltanto a impossessarmi delle fette biscottate che si sono poi rivelate essere frantumate. Che le fette biscottate frantumate sono più inopportune di una pozzanghera in salotto. Nel mio girovagare ero accompagnato dalla netta sensazione di essere osservato e giudicato come un una specie di idiota delle colazioni da parte delle due cameriere più servizievoli del pianeta, che in questo deserto avevano occhi solo per me e che infatti hanno presto iniziato a incalzarmi con domande troppo premature e insistenti se rapportate al mio stato psicofisico ancora in fase non lucida: “Le porto qualcosa?” “Cosa cerca?” “Se vuole le marmellate sono laggiù” “La tazza preferisce questa o quella..”
Al che nella mia testa è successa una cosa tipo così;
“NON LO SOOOOOOO, HO UN RITARDO MENTALE, HO LA GIUSTIFICA, NON SONO IN GRADO DI INTENDERE E VOLERE, HO LASCIATO LE 500 LIRE NEL CARRELLO, HO TROVATO IL PASSAGGIO A LIVELLO ABBASSATO, È GIA USCITO IL TRENTASETTE? VOGLIO PARLARE COL MIO AVVOCATO”
E invece non riuscendo neppure a sostenere lo sguardo delle inservienti tanto gli occhi erano socchiusi, ho inserito il pilota automatico che mi ha condotto al porto sicuro, cappuccino e brioche, che va sempre bene, nonostante non fosse la mia reale prima scelta. La ragazza mi indica la macchina fai da te multifunzione alla mia sinistra chiedendo se volessi servirmi da solo altrimenti avrebbe fatto lei.. boh faccio io dai, anche se a questo punto il tuo ruolo è depotenziato cara mia – penso. Prendo la prima tazza che vedo, è da thè e me lo fa prontamente notare, dice che quelle dei cappucci sono le altre, io accuso il colpo ma minimizzo sostenendo con espressione sorniona che non è un problema l’importante è che sia buono il contenuto. Mah. Classiche frasi che spostano l’attenzione sul filosofico spiccio, finemente ironico e polemico nei confronti di un mondo che bada più alla forma che ai contenuti, come fece la mia vicina di casa col cane, incontrata in ascensore mentre portavo nei bidoni sotto casa i miei quattro differenziati sacchetti di spazzatura. “Tu fai la differenziata” – le chiesi vedendola osservarmi. “No no, io già mi occupo di differenziare le persone” – mi ha risposto. A me. Lei. 23 anni al massimo. Mi ha detto. Di differenziare le persone. Si occupa. Lei. A me.
Al che nella mia testa è successa una cosa tipo cosi;
“MA VATTENE AFFANCULO, CHE CAZZO OOOOOOOOH CI AZZECCA, MA PUTTANA LA EVA, MA CHI TI CREDI DI SEI CHI*? (*quando sbrocco parlo un po male) MA VACCA BOIA, ORA TI ACCAREZZO MALE IL CANE, MA DI CHE MINCHIA PARLIIIIIIII????”
E invece ho glissato dicendole; “Ah capisco… Che bella cagna”
“No, non è femmina è un maschio”
Si si okay, ma io non parlavo del cane.