PRENOTIAMO? MA VA…

Era un giorno come un altro, una serata in pizzeria, una di quelle rinomate, che se voglio mangiare una buona pizza vado li, che costa un po’ di più ma ne val la pena. Che piuttosto vado una volta in meno a mangiar la pizza, ma scelgo di mangiarla buona. Così si dice di solito. Un locale dove è buona norma prenotare se non vuoi ritrovarti in attesa in piedi alla cassa a dirti che sarebbe stato meglio prenotare.

Ed è li che eravamo. In piedi. Alla cassa. Che forse era meglio prenotare.

Lì, in attesa con quel languorino tipico dell’affamato, accresciuto da pizze più costose della norma ma più buone che sfilavano dinnanzi ai nostri olfatti e si sparpagliavano per tavoli colmi di gente che evidentemente conosceva bene quella cosa lì del prenotare.

Finché da dietro il bancone la padrona, che si occupa storicamente della cassa – donna di una rotondità impressionante – attira la mia attenzione mentre si rivolge con tono ammonitore alle cameriere addette alle bevande con una frase di una inesattezza rara:

“Ma ancora non avete preparato il bere del tavolo undici? .. Ancora no? Se invece di perdere tempo fareste il vostro lavoro è meglio..”

Un orrore fonetico che mi ha sconfortato e divertito assieme. Ho guardato la mia femmina con gli occhi sgranati, pronto a condividere con lei l’omicidio colposo all’italiano che si era appena consumato sotto i nostri uditi, ma lei guardava i miei occhi sgranati con l’espressione di chi sta per dirti “Che c’è? Ho dell’insalata tra i denti?”.

“Non lo vedi lì per terra, agonizzante in una pozza di sangue, l’italiano?”

Niente da fare. Se l’è perso, pare fosse con la mente in faccende affaccendata. Un peccato per lei, la mia femmina dico. E anche per la padrona, paffuta. E anche per me che avrei condiviso con un altro testimone tale sconfortante e divertente scempio linguistico. Perché è più bello condividere.

E niente.. poi non c’è molto altro da segnalare se non la solita pizza ottima, che forse era meglio prenotare già detto, locale pieno, un brusìo di fondo che sarebbe stato meglio se fosse rimasto un po’ più di fondo..
E la faccia di un tizio che evidentemente conoscevo, a un tavolo poco più in là, ma che non sono riuscito a collocare in nessun ambito.. e che per questa ragione ho evitato di guardare tutta la sera se non di nascosto per timore di incrociare gli sguardi e trovarmi di li a poco immerso nella scomoda situazione in cui si comincia a parlare e tu brancoli nell’oscurità, cercando indizi su chi diavolo egli sia tramite domande quanto più vaghe possibili che non tirino in ballo mogli, figli, genitori, per non incorrere in gaffe ancor più sconvenienti. Domande tipo “E tu che mi racconti? Novità?” Sperando che una sua risposta contenga dettagli decisivi ad accendere la luce in quella stanza buia piena di tavolini in vetro sparsi a casaccio con spigoli ad altezza tibia.

Un giorno forse vi racconterò qualche figura da imbecille del genere. Ma forse anche no. Beh, in ogni caso sappiate che c’è stata. E in più di una circostanza dopo dialoghi di alcuni minuti e calorosi saluti mi sono allontanato senza sapere esattamente con chi avessi parlato, onde poi capirlo qualche minuto dopo. Ed esistono casi ancora irrisolti, in cui non so dire con ch’io abbia parlato.

Se posso permettermi di darvi un consiglio spassionato, quando incorrete in questi frangenti..
È buona norma evitare di fornire dati sensibili tipo quelli della carta di credito. Così come è buona norma prenotare se andate a mangiare una pizza alla “Vecchia 800” a Gavirate, per dire..

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