Riassunto sbrigativo della prima parte: Succedono cose sui treni che rimangono indigeste. Fai clic sotto per la 1a parte. (https://restovaghissimo.com/2014/06/02/long-road-to-venice-1a-parte/ )
Sul treno, io e la mia tracolla con dentro cose, siamo strettini. Un bambinetto alle mie spalle esplode in un pianto giustificabile soltanto se gli fossero stati trucidati davanti agli occhi quasi tutti i parenti. Invece a sentire i genitori “poverino è stanco”. Poverino’nasega.
La maggior parte del tempo la passo girovagando per l’ipad. Ci sono un sacco di cose inutili che si possono fare con un iPad, e senza che tu abbia fatto nulla di costruttivo, ti trovi già a Rovigo. La cosa più sbagliata la compio quando entro sul sito Lercio.it, un contenitore di notizie farlocche demenziali che fanno abbastanza ridere in condizioni normali ma che raggiungono apici comici irresistibili in situazioni in cui non è contemplato che uno scoppi in fragorosa risata; tipo a scuola, in chiesa o… sul treno appunto. E anche se una sana risata non ha mai fatto male a nessuno, cerco di trattenerla in gola emettendo suoni strani gutturali che presumo si notino lo stesso.. devo dare proprio l’impressione di uno che gli scappa da ridere ma vuole trattenersi. Non ne ho la certezza perchè non oso guardarmi intorno, non voglio incrociare lo sguardo con nessuno. E’ uno di quei comportamenti bizzarri tipo non ammettere che ci si è appena svegliati quando ti chiamano al telefono certe mattine. Boh.
L’arrivo a Venezia in treno è una delle cose più belle che si possano desiderare. Il primo scorcio offerto uscendo dalla stazione è già una cartolina. Io e le mie gambe storte ci infiliamo a casaccio nei vicoli della geniale città lagunare, direzione piazza San Marco, dove incontrerò “i miei Ragazzi”. Ci sono già stato tre volte qui, eppure oggi sembra ancora più bella.
Tanta gente in giro, tanti accenti che si mescolano, mi sembra tutto così vivo, io mi sento vivo. Vorrei fermare gente straniera e chiedere le loro storie, comunicare con il mio inglese scadente ma efficace, andare a bere un drink e ridere, ora si, condividendo risvolti di diverse esistenze unite dal caso per un’unica volta in quel pomeriggio dell’ultimo di maggio 2014 di quella città unica. Cose che succedono nei film di Woody Allen, ma nella realtà no. O forse non ci mettiamo del nostro per farle accadere, chissà.
Raggiunta piazza San Marco incontro padre madre e zii che mi corrono incontro festanti come avesse segnato l’italia al mondiale.. c’è gente che guarda incuriosita la scena, deve essere stata una bella scena da vedere, penso. Padre indossa una maglia Arancione Fluo che è una soluzione davvero sagace per non perdersi di vista in mezzo a posti così affollati.. lui la spaccia come scelta studiata proprio per quello scopo, secondo me è una lettura fatta solo una volta sul posto, ma tant’è; una bella soluzione.
Altra camminata, altre foto, altre gondole nel traffico, stavolta in compagnia. Voglio proprio bene a queste persone qui io.
Seduti in una piazza sgranocchiamo e beviamo qualcosa. Mi piace tutto in questa giornata, la luce, gli odori, l’energia che sento vibrare, l’estate alle porte. Adoro anche il panino che sto mangiando che francamente non avrebbe alcun merito oggettivo.
Intorno a noi un sacco di famiglie con un sacco di bambini, ma soprattutto un sacco di gelati troppo grossi in mano a bambini troppo distratti. Questa è una cosa a cui faccio sempre caso; possibile che non si inventino mini gelati a misura di bambino distratto? Poi magari mi sbaglio, ma secondo me avremmo la tecnologia per farlo.
Alla cassa del bar chiedo il conto alla ragazza; mi elenca le consumazioni e si dimentica di segnare una birra. Eccola la provvidenza.. l’occasione di rifarmi di parte degli euri loscamente sottratti dal maledetto funzionario Fs. “Le birre erano due signorina” – le dico. Bel gesto. Un gesto che ha un valore simbolico superiore ai quattro euro della birra in sè, qui non si tratta di denaro, si tratta di senso civico.
C’è civiltà.
Certo che poi sarebbe stato carino un ringraziamento della signorina, un cenno di intesa, un grazie, magari arrotondare per difetto il conto finale, invece dei 16,20 euro fare 15, accetto anche 16. E invece volto impassibile, tono scocciato: “Ce li hai 20 centesimi?” – “Eh, si 20 centesimi li ho. Cacchio se li ho”.
No, non c’è civiltà.
Prima di prendere il treno per tornare alla dimora emiliana, le nuvole si addensano scure sulla laguna. La giornata è proprio finita. Trovo un treno Regionale Veloce che mi riporta a destinazione con 13,75 euri. Un terzo rispetto ai 41,60 euri totali dell’andata. Ma va bene così, in mezza giornata ho vissuto più cose che nell’ultima settimana.
E mentre mi allontano mi torna in mente una frase che le mie stesse orecchie hanno udito un paio di estati fa, proferite da un tizio sulla quarantina, che nel parcheggio della palestra comunale del mio paese ha guadagnato la mia attenzione quando parlando animatamente con altre persone, ha proferito con tono imperativo la sua raccapricciante sentenza:
“..E Venezia? Credetemi, Venezia è il posto più brutto del Mondo. Il posto più brutto che esista sulla faccia della Terra!”
“Poverino è stanco” – verrebbe da dire.