Era un po’ che non ci giocavo, al poker. Invito ricevuto dai miei compagni, forse c’è anche uno estraneo mi dicono, amico di amici, che a me giocare con gli estranei in giochi a soldi non mi piace mica, però dico ok!
Ho sensazioni incerte, di solito un pochino sono teso, non oggi. Non ci ho mai giocato con loro, ho idea che siano forti, o meglio i classici scarsi che però giocano pesante, ignorando percentuali e mettendola sulla forza del proprio ego. Pericolosi.
Io di natura sono invece paziente, fottutamente paziente, un enigmatico tizio che da l’idea di essere un fine intenditore del gioco, ma che in realtà, quel che gli riesce meglio è bluffare di bluffare, tipo vincere il piatto con in mano un punto imbattibile, non mostrare le carte e alla domanda dell’incuriosito di turno dire con sguardo e tono impassibile che non avevo niente. Patetico.
Arrivo per ultimo, i contendenti sono già seduti attorno al tavolo. Attico di centro città, ampio salotto, tavolone ovale di vetro, ampie finestre aperte nonostante la fredda serata per via delle sigarette che si susseguiranno una dopo l’altra per tutta la durata del contenzioso.. particolare sgradito ma che avevo previsto tanto che il mio abbigliamento prevedeva indumenti prossimi al lavaggio. Tutto sotto controllo.
Mi si offre una birra, rispondo che la gradisco. Devo essere risultato simpatico perché tutti ridono al cospetto di una risposta alternativa al banale ‘Si’.. rido anche io, un pochino, più per la compagnia.
Si comincia e sin dalle prime battute mi è chiara una cosa; li dentro nessuno è un giocatore capace. Lo capisco dalla terminologia incerta, dalla titubanza sul da farsi, dal timore con cui si affronta un minimo rilancio iniziale.. e dal fatto che l’amico di amici ci ha messo oltre 5 minuti ad accettare di andare a vedere la puntata di un player nonostante avesse una doppia coppia imbattibile, costellando tutti i 5 minuti di titubanze coreografiche, pugni sul tavolo, qualche parolaccia, tensione ingiustificata sancita da alcuni tiri del grosso sigaro che addentava, come il tizio che non mi ricordo come si chiama in Ocean’s eleven-twelve-thirteen.
Tra una puntata e l’altra, un rilancio e un altro, mi barcameno per un’ora buona, non riesco a dare sterzate importanti e le carte, spesso buone, non corrispondono a quelle girate sul tavolo. Serata un po’ del cazzo in cui l’assoluto dominatore è il giocatore decisamente più scarso, proprio lui, l’amico di amici. Del resto in un tavolo in cui nessuno bluffa e nessuno è aggressivo, vince chi è più fortunato ed evidentemente il sigaro porta bene.
Sembra il mio momento quando a corto di chips incastro con il mio apparentemente innocuo 7 di quadri, ben quattro altri quadri delle cinque carte girate in tavola, e per la precisione 4, 5, 6 e 8. Sono imbattibile. Si chiama scala colore, io preferisco chiamarla scala reale. Alla mia puntata un goloso compagno rilancia mandandomi all-in, forte del suo K di quadri che gli dona un punto a Colore assai alto. A tale rilancio non mi rimane che pronunciare con tono da sapientone l’espressione più adatta in questi casi “ISTANT CALL!!!” e lo faccio mostrando le carte e sentendo di avere un reale merito per la giocata quando in verità, di reale, c’era soltanto la scala.
Che non fosse serata, e che quel tavolo non fosse popolato da gente particolarmente valida lo si è poi perfettamente compreso quando oltre le due ore di gioco, con un eliminato già rincasato, ci si è accorti che nel mazzo c’erano due K di quadri. “Ma dove son finito” – ho pensato – “Ma non potevo stare a casa a vedere Lost che mi mancano una decina di puntate e voglio capire di più sul quel misterioso fumo nero lì..”
Lottando mi sono garantito altre poche mani, culminate con la sconfitta per due volte di fila contro una coppia di 5, nonostante i miei all-in con KJ prima e K9 poi. Zio cane, con tutti i K che ci sono nel mazzo!
Serata comunque piacevole, ero contento dai, insolitamente non-rosicante dopo una sconfitta. Più camminavo verso la macchina però, a notte inoltrata, e più pensavo e ripensavo alla partita e.. mi sono state chiare tre cose.
Primo, che quello era il più brutto poker a cui abbia mai fatto parte.
Secondo, che sono arrivato quarto ad un poker del genere e quindi sono scarsissimo.
Terzo, che potenzialmente si sarebbe potuto fare pokerissimo di K, con 5 K, e a me in fondo, mi sarebbe piaciuto se fosse successo..
Cosa risponderei se mi chiedessero di andare a giocare ancora? “Lo gradisco” – risponderei – “Ma le carte le porto io”.